un dono dal cielo... o meglio la tesista che è capitata tra di noi... dopo aver fatto la tesi...

 

Durante questo mese trascorso a Scampia, a casa dei fratelli Enrico e Raffale, ho potuto sperimentare la comunità, il servizio e la fede.

Ho vissuto in comunità per un mese, e se già di per sé le esperienze di vita insieme sono sempre state per me estremamente positive, convivere con persone come Enrico, Raffele e i volontari è stato un valore aggiunto.

Prima di tutto, per me è stato importante avere attorno delle persone stimolanti. A casa non sono mai mancati momenti di riflessione, di stimolo reciproco e di condivisione di idee. L'incontro quotidiano con l'altro e le peculiarità del quartiere hanno fatto nascere in me domande e riflessioni ogni giorno; poterle condividere con i fratelli è stato un arricchimento notevole, vista la loro longeva esperienza nel territorio.

Enrico, Raffaele e i volontari con cui ho avuto la fortuna di convivere, sono persone allegre e serene.


Enrico un giorno mi disse qualcosa a questo proposito, durante una delle nostre chiacchierate: "in un posto come questo, con lo stile di vita che conduciamo, dobbiamo vivere con persone allegre." Forse Enrico, nel dirmi questo, non teneva in considerazione un dettaglio: sono loro le persone allegre!

Io, onestamente, non avevo proprio considerato questo aspetto, ma cavoli, è davvero importante!

Le giornate a Scampia sono piene, nel senso più letterale del termine. Piene di attività da fare, piene di persone con cui parlare, piene di sorrisi e grinta da donare ai ragazzi, piene alle volte di pensieri e difficoltà varie. Tornare a casa all'ora di cena e trovare persone come Raffele e Enrico è stato per me terapeutico, perché in un posto come Scampia, alla fine di una giornata tipo, hai bisogno solo di ridere.

Entrare stanchi in cucina, sentire la musica degli Abba in sottofondo e trovare qualcuno ai fornelli che ti abbraccia e ti sorride, è terapeutico, come lo è ridere della spesa di Raffale sempre sbagliata, le sue battute, i suoi sorrisi spontanei, maliziosi, ma puri.

Io sono stata circondata da persone allegre, che mi hanno sempre fatto ridere così tanto da avere i crampi alla pancia. Sono stata circondata da persone allegre che con i loro sorrisi stemperavano il grigiore che si percepisce fuori nel quartiere.

In caso ho sempre respirato leggerezza, che non è superficialità, è gioire di ciò che di bello si ha.

Comunità è stata anche conforto. A casa ho trovato chi, con discrezione e a modo suo, ha saputo capire le mie fragilità e spronarmi affinché io le abbattessi, senza mai giudicarmi.

Porterò sempre con me il momento in cui Enrico mi ha trovata in un angolo a piangere, durante la prima settimana a Scampia. La discrezione, l'accortezza, la spontaneità e la forza con cui mi ha abbracciata è un dono unico, che mi porterò sempre stretto.

E' anche grazie alle persone con cui ho vissuto se mi amo un po’ di più. Non è forse questa l'essenza della comunità? Amare gli altri, e far capire loro quanto dovrebbero amarsi? Non so, forse è una mia rivistazione, ma se si facesse più comunità in questo modo, le persone si amerebbero tantissimo e i terapeuti lavorerebbero molto meno.


A Scampia ho vissuto il Servizio nel senso più ampio del termine. Quello puro, senza se e senza ma, che ti fa sporcare le mani e protrarti sempre verso l'altro. E' stato interessante per me conoscere due modi di vivere il servizio molto diversi: la devozione di Raffaele verso gli ultimi, senza limiti, senza orari, senza confini, senza stanchezza, senza rassegnazione. La forza di Enrico, l'educazione all'intraprendenza, l'amore per la cultura, lo stimolo per l'autodeterminazione.

E' stato bello, talvolta buffo, vedere due fatelli operare in modi completamente diversi e a volte tra loro contrastanti. Entrambi i modus operandi mi hanno fatto crescere come persona e soprattutto come professionista.

Il mio invito a loro è di allenare continuamente lo sguardo d'insieme, di sposare una visione sempre più globale, olistica, di non rifugiarsi mai nella propria dimensione frenetica e quotidiana, di voler a tutti i costi conoscere gli altri attori nel territorio, perché sono tanti, devono solo essere orientati.

A Scampia ho avuto un incontro ravvicinato con la fede, che per me è stato sempre un elemento delicato, vissuto con scetticismo o profonda intimità. Ho sempre creduto che il mio modo di credere prendesse forma nella mia personale vocazione lavorativa: studiare per aiutare l'altro, servirlo. Probabilmente la mia presunzione e il continuo rincorrere l'oggettività delle cose mi ha gradualmente allontanata dall'autenticità della preghiera, che grazie a Enrico e Raffale ho riavvicinato a me.

Raccontando l'esperienza a una cara amica (atea per giunta, che casualità!), le ho detto "Ari, loro hanno davvero fiducia in qualcosa di superiore, credo stiano un gradino sopra di noi. La loro vita è più serena della nostra, perché si affidano a un qualcosa di più grande, hanno fiducia."

Lo credo fortemente: invidio questa vocazione, o meglio mi verrebbe da dire dedizione.

Sono felice di aver partecipato ai momenti di preghiera, nonostante non fossero obbligatori: il deserto, per me difficilissimo, è stato momento di incontro con la parte più intima di me stessa, mentre la preghiera e il canto sono stati incontro con la parte più intima degli altri.

Mi preme aprire una piccola parentesi sulla figura di Enrico e Raffaele in quanto uomini di fede. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dall'apertura al confronto rispetto a certe tematiche. Oltre ad avermi arricchito, mi ha rincuorato conoscere dei cristiani sposare alcune battaglie che ho sempre visto o creduto non appartenessero al mondo della chiesa. E' stato bello, stimolante, confrontarsi su argomenti quali l'omossessualità, la sessualità, la figura della donna nel mondo religioso.

Ho impiegato una settimana a buttare giù queste righe che non sono per nulla esaustive né rappresentative dell'esperienza trascorsa. Ciò che ho vissuto questo mese lo racconto agli altri con fatica, perché se già di per sé descrivere le emozioni è difficile, Scampia lascia sensazioni ineffabili. Alla fine ho pensato alla fronte corrucciata di Enrico che mi dice "di pensare di meno, di farmi meno pare" e allora mi è venuto di getto tutto questo.

Forse sta in questo la magia delle esperienze forti, sapere che chi ti lasci dietro si stringe appresso con estrema intimità quello che si ha condiviso.

Non so cos'altro aggiungere, un grazie sarebbe riduttivo, ma forse vale la pena metterlo per iscritto ugualmente. Grazie alla mia famiglia di Scampia, perché famiglia è stata, perché dopo un anno difficilissimo, mi ha fatto tornare il sorriso e la convinzione che il sole deve (e può) esistere per tutti, basta avere il coraggio di alzare lo sguardo e cercarlo.

Consiglio non richiesto: i fratelli dovrebbero mangiare meno carne, perché fa male e accorcia la vita, e di persone come Enrico e Raffa il mondo ne ha proprio bisogno.

Vi voglio bene

Un abbraccio fortissimo

Maria


Commenti

maestra sissi ha detto…
Che meraviglia e che dire Maria, hai saputo cogliere l’essenza dell’essere amore di Cristo per i poveri. Grazie per la tua unica testimonianza! Grazie davvero

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