2 SIMPOSIO DELLE VOCAZIONI LASALLIANE
LA TERZA CASA
Il“2° Simposio”ha coinvolto quattro Associati,
un’insegnante, una SignumFidei e due Fratelli e ha avuto coma tema le nuove
comunità lasalliane perché al centro delle vocazioni lasalliane e di ogni
vocazione, vi è la fraternità per la missione ed è necessario che si cerchi
insieme come formare ed animare “comunità sostenibili” sia al proprio interno
che per la missione, consci che “ripetere ci fa sentire sicuri, cambiare ci
rende liberi”.
Come il piano annuale 2017-2018 “Lasalliani
senza frontiere” suggerisce nel primo movimento “VEDERE” abbiamo voluto
guardare e ascoltare la prima comunità di Gesù non focalizzandoci sul
“riassunto” dei Atti 4, troppo perfetto, ma su chi e come Gesù chiama alla
sequela comunitaria.
Se Gesù chiama a seguirlo degli uomini
adulti, professionisti (Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Matteo…);la comunità
che costituisce non è fondata su vincoli di sangue e/o familiari, ma su una
nuova appartenenza data “dall’ascolto e dal vivere la volontà di Dio”; il testo
che ci ha illuminati è Matteo (12, 46-50), dove il Signore pone le basi della
nuova comunità: “Mentre egli ancora parlava alle
folle, ecco la madre e i suoi fratelli stavano fuori, cercando di parlargli.
Ora qualcuno gli disse: Ecco tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori, cercando
di parlarti. Ora, rispondendo, disse a chi gli parlava: Chi è mia madre e chi
sono i miei fratelli? E stesa la sua mano sui suoi discepoli, disse: Ecco mia
madre e i miei fratelli! Perché chiunque faccia la volontà del Padre mio che è
nei cieli, questi è mio fratello, sorella e madre”.
Ci sono sua madre e i suoi fratelli “fuori”,
mentre Gesù è “dentro” un’altra “casa” con altre persone che chiama ad essere
suoi familiari;ilgesto di Gesù con il quale indica gli ascoltatori come suoi
familiari, come “miei fratelli, sorelle e madri”, ci ha toccati perché se la
fraternità è sempre stata una caratteristicalasalliana, che ci aveva coinvolti,
la generatività dell’esser madre ci ha colpiti in modo nuovo. La maternità,
come già detto dal Signore in Lc 11, 27-28: “una donna dalla folla
alzò la voce e gli disse: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno che
ti ha allattato!". Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che
ascoltano la parola di Dio e la osservano!”,
è chiamata che Gesù fa a tutti affinché ancora oggi sia il Signore a nascere;
anche il saluto lasalliano “Viva Gesù nei nostri cuori” sembra prefigurare
questa chiamata alla generatività, fondamentale per la vocazione lasalliana.
Siamo “Madri” e la Comunità è la prima che
deve generare, al suo interno e al suo esterno, attraverso la testimonianza,
l’esempio, la Parola, il servizio gratuito, la gioia.
In questa comune chiamata alla generatività,
la comunità raccolta da Gesù si pone come comunità interstizialeovvero “che
non ha un posto sociale definito e deve collocarsi nelle situazioni residuali,
negli spazi che rimangono, per così dire, “vuoti”, non occupati dalle
istituzioni”(A. Destro – M. Pesce, Dentro e fuori le case,
Dehoniane, Bologna 2016, 15) e ci sembra che la comunità lasalliana delle
origini sia nata e si sia posta in un varco lasciato vuoto dalle altre
istituzioni, sia ecclesiali che civili, a servizio dei Poveri, con modalità e
spiritualità adatte e nuove che sono profetiche ed ispiratrici ancora per oggi.
I primi Fratelli occupano uno “spazio
interstiziale” che è quello in cui si trovano i bambini lontani dalla salvezza
e per starci devono sviluppare proprie caratteristiche che non li fa
identificare né con il mondo ecclesiastico né con quello civile; questo spazio interstiziale è utile per
cercare e trovare:
·
un proprio nome,
“Fratelli”, che li pone in relazione differente tra loro e con il mondo,
·
una modalità di
distacco, d’indipendenza e libertà: “Provvidenza e gratuità”,
·
le innovazioni nel
servizio educativo,
·
una spiritualità fondata
sulla presenza di Dio che li accompagna e la chiamata ad esser “mossi dallo
Spirito Santo” su strade sempre nuove.
L’esperienza vitale che La Salle ha
sperimentato, nella ricerca di “spazio interstiziale” e vitale per l’Opera di
Dio, è stata progressiva, come lui stesso racconta nel “Memoriale degli inizi”,
e gli ha permesso di osare novità; in questa storia abbiamo osservato i tre
“traslochi” compiti da La Salle nei primi anni del coinvolgimento, suo
malgrado, nell’opera di educazione.
“Verso la fine del 1679 il signor
de La Salle aveva sistemato i maestri, raccolti da Nyel, in un’abitazione
vicina alla sua”; visto che la collocazione non era funzionale alla necessaria animazione,
cura e formazione dei maestri, qualche volta l’invita a casa sua per i pasti e
anche li accolse anche per la settimana santa del 1681;
il 24 giugno 1681, festa di San Giovanni Battista, non
rinnova il contratto di affitto della casa dei maestri e decide di ospitarli in
casa sua; come sappiamo, la presenza dei maestri misero a dura prova i rapporti
di La Salle con il resto della sua famiglia.
il 24 giugno del 1682, giornata in cui venivano
rinnovati i contratti d’affitto, lasciò la casa paterna per andare a vivere con i maestri in una casa di Rue Neuve,
iniziando una faticosa coabiatzione che lo condurrà a dare tutti i suoi beni ai
poveri e a lasciare il canonicato.
Queste tre case rappresentano un po’ anche la
nostra storia:
la prima casa rappresenta l’accoglienza fatta
nelle scuole di insegnanti laici, o la vicinanza di ex alunni e di qualche
genitore, che sono entrati nella missione lasallianaesclusivamente per
necessità educative o per simpatia con qualche Fratello o Comunità maggiormente
accoglienti.
La seconda casa assomiglia agli inizi della
Missione Condivisa: alcuni ex-alunni e alcuni insegnanti sentono la chiamata a
vivere la Missione e il Carisma Lasalliano; nel 1976 vengono fondati i
SignumFideidurtante il 40° Capitolo Generale e il cammino continua con
decisioni dell’Istituto e della realtà Lasalliana italiana e viene così fondata
la Famiglia Lasalliana, ma “Cristo interrompe… il nostro cammino lasalliano per darci
un nuovo mandato: esplorare con fede e zelo strade non ancora percorse" (Circ
461, I. 2).
Oggi è il momento di una nuova casa, una casa “in
periferia” a cui tutti i Lasalliani, Fratelli e Laici, si sentono di
appartenere e vi sono chiamati a “vivere insieme”, creando nuove sinergie,
rapporti, relazioni per una Missione Educativa rinnovata per la “salvezza” dei Poveri;
la terza casa rappresenta un nuovo “insieme e in associazione” e, come per La
Salle, sarà un cammino profetico e sconosciuto.
Questa “terza casa” è “spazio interstiziale”
da vivere in modo nuovo: molte volte, i rapporti tra Fratelli e Laici sono
normati da leggi contrattuali e da una “burocrazia” propria,per cui bisogna
ricercare“spazi vuoti” in cui sviluppare una progettualità comunitaria che
superi, senza sminuire o vanificare, il rapporto di lavoro per creare nuove relazioni
“insieme e in associazione” che rendano la Missione Educativa Lasalliana ancora
più evangelica e capace di comunicare e narrare ai giovani d’oggi, e non solo,
un Amore che chiama e invia con e per gli Ultimi.
Per situarci in un cammino, come “un tesoro
da cui sono tirate fuori cose antiche e cose nuove”, abbiamo voluto prendere
tra le nostre mani due testi “fondazionali”: il “Memoriale sull’abito” e il “Memoriale degli inizi” perché il contatto con le parole del
Fondatore solo utili per comprendere la nostra chiamata e vivere l’oggi.
Ecco alcune riflessioni, scaturite dalla
riflessione personale e dalla condivisionesui due testi.
“Memoriale
sull’abito”
1.
Qualcosa deve “impressionare”
i membri di questa comunità che sono senza eleganza e pretese.
2.
Il Fondatore sembra far
diventare pregi i “limite” dei suoi maestri
3.
“L’Abito” distingue e
unisce facendo sentire membri della Comunità, aiuta a superare le difficoltà.
4.
L’abito singolare
oggi per un docente-educatore è l’EESSERE LASALLIANO, membro di una comunità
viva. Questo essere, che non è immediatamente visibile, ci contraddistingue e
ci dà la certezza che la scelta è PER TUTTA LA VITA e ci fa restare immuni dal
fascino del mondo.
5.
La motivazione vera è la
comunità
6.
Lo studio non è il fine,
non si cerca una realizzazione personale, ma il servizio; la comunità e
l’impegno educativo ci assorbono completamente.
7.
Sul cambiamento
“Ripetere ci rende sicuri, variare ci rende liberi” Robert Hass
8.
La novità inizialmente
spaventa perché si scardina la ripetitività di qualcosa che in fondo non
funziona.
9.
Chiamati al
cambiamento.. è Dio che chiama
10. La questione del salario: non è un lavoro, ma un
servizio e sentirsi fortunati di essere stati accolti.
11. È necessario trovare nuove strade e nuove forme per
il Carisma oggi; partire dallo status quo e trovare le strade, trovando il
coraggio necessario.
12. Tutto ciò che facciamo deve essere funzionale alla
salvezza dei giovani.
Cerchiamo uno spazio di Comunione in modo
nuovo, come tra La Salle e i primi maestri nella prima comunità, ora tra datore
di lavoro e dipendenti.. per creare una nostra Economia di Comunione. (La
Potenza sovversiva dell’Associazione Lasalliana, fr Santiago Rodríguez Mancini,
http://revista_roma.delasalle.edu.mx/numero_10/santiago_rodriguez_10.pdf per la traduzione chiedere a fr Enrico Muller)
“Memoriale
degli inizi”
1.
“Restare nella propria
posizione” significa condannarsi; bisogna fare e fare qualcosa di diverso. Urge
questa necessità comunitaria con i Laici, in un cammino che porti un
cambiamento volto sempre alla salvezza.
2.
Abbandonare ciò verso
cui non si ha più la vocazione. Bisogna ascoltarsi dentro e capire la propria
identità e vocazione… La Salle fa discernimento insieme
3.
Importanza dell’incontro
e della proposta per attrarre nuove vocazioni
4.
Valore della nostra
testimonianza
5.
Dobbiamo proporre con
forza dopo aver incontrato gli altri
6.
La Salle ha avuto
difficoltà non lievi alla partenza
7.
Abbandono del canonicato
come testimonianza di coerenza
8.
Noi cosa dobbiamo fare?
Abbandoniamo lo sfarzo e il lusso che stride con il servizio educativo dei
poveri.
Invitiamo
ogni comunità a leggere i due “Memoriali” come strumento per rileggere la
propria storia e ilproprio futuro e fare discernimento comunitario nelle
fedeltà al carisma lasalliano.
Abbiamo passato una giornata di ritiro al
Goleto, antica Abbazia delXII° secolo, animata ora dalla Comunità JesusCharitas;
la sua storia, tra splendori e cadute, come la forza di risorgere (soppressa
una prima volta nel 1500, risorse fino ad essere abbandonata a causa delle
leggi napoleoniche finché nel 1973, un monaco di Montevergine, vi si dedicò
fino alla morte) ci ha insegnato che il dono di Dio non si misura con il metro
umano e che il dono di un carisma può tranquillamente stare sotto la cenere per
poi ritornare fiamma che illumina e scalda. I piccoli fratelli hanno condiviso
con noi anche la loro ricerca di fedeltà. “Quando arrivammo nel 1990, il Goleto
era abbandonato, ora che è ritornato centro di vita spirituale e sociale della
diocesi vorremmo rimetterlo nelle mani del vescovo per poter andare nei luoghi
più marginali, secondo il nostro carisma; non è facile, ma…”.
Questa ricerca della volontà di Dio nella
fedeltà, che è qualcosa sempre nuovo che rifiorisce, ci ha fatto pensare a
quanto detto nella “Riflessione n 3”:
“Nel pensare comunità sostenibili, noi
Lasalliani affrontiamo la tensione tra sostenere, mantenere, curare ciò che già
abbiamo, oppure distaccarci e lasciare andare. Andare più in là significa anche
lasciare qualcosa indietro: “Il futuro reale è ciò che viene nel suo tempo
proprio, e spesso fa a pezzi le nostre previsioni e piani” (Karl Rahner).
Preparandoci al futuro reale, ciò che appare essere più difficile nella nostra
vita è lasciare andare ciò che di bello noi stessi abbiamo contribuito a
creare; accettare che questo debba essere abbandonato, non perché abbia perso
la sua bellezza, ma perché ha fatto il suo tempo eduna nuova bellezza sta
nascendo.
Come Lasallianisiamo chiamati a far
nascere questa nuova bellezza”.
Il Simposio desidera riflettere ancora nel 2018, magari con
altra tempistica e collocazione, su come creare Nuove Comunità Lasalliane Sostenibili
perché è la nostra chiamata oggi e questo è il tempo di discernere come
Provincia“con responsabilità ed audacia
la nostra risposta alle sfide della missione educativa nei diversi contesti.. e
la complessa varietà delle condizioni sociali.
Il discernimento lasalliano segue in
linea generale tre passi: prendere coscienza della realtà personale e di quella
che ci circonda; illuminare questa doppia realtà con la Paola di Dio attra-
verso la preghiera ed il dialogo con persone prudenti; decidere assumendo
personalmente e comunitariamente le implicazioni conseguenti. All’origine della
vocazione di Giovanni Battista de La Salle potremmo dire che questi tre passi
furono: la sua uscita oltre la frontiera dal suo incontro con Nyel e con il
mondo del- la educazione dei poveri; il dialogo con NicolásBarré e Nicolás
Roland; la creazione delle prime scuole e della prima società di maestri.
Oggi più che mai, la Chiesa e il mondo
ci spingono ad andare oltre le frontiere.”
Comunità di primavera
(note dal 2° Simposio delle
vocazioni lasalliane)
“Giovanni
Battista de La Salle e i primi Fratelli hanno impegnato la loro vita nella progressiva creazione di una comunità
che rispondesse alle necessità dei ragazzi poveri e abbandonati.”(R 22)
La comunità non è soltanto il perno
su cui poggia la missione educativa, ma anche l’origine e lo sviluppo di ogni
itinerario vocazionale. La vita che una comunità riflette, la fraternità delle
sue relazioni, genera un’attrattiva verso la missione, uno stupore che
coinvolge e chiama.
Gesù chiama sempre attraverso una
comunione di rapporti, una trama fraterna, sorgente ineludibile di ogni cammino
vocazionale. Da qui può nascere la condivisione della missione indicata dal
carisma: “…si sono associati per
rispondere alle necessità di una gioventù povera e lontana dalla salvezza” (R
45)
“Voi,
chi dite che io sia?”
Nel secondo giorno del Simposio (27
agosto) il brano del vangelo domenicale era Mt. 16,13-20. La domanda che Gesù
pone ci provoca e ci fa fermare mentre annaspiamo nelle nostre pre-occupazioni,
nel quotidiano delle nostre realtà educative. Una domanda che va oltre il
limite del nostro sguardo e ricorda come, nel Memoriale degli inizi, il
fondatore suggerisca di guardare in alto, cambiare prospettiva per tornare a
leggere il quotidiano e il mondo con occhi diversi.
Gesù chiede al plurale: “Ma voi”. Il discernimento viene chiesto
ad una comunità, ogni discernimento, alla luce della preghiera a Dio, ha sempre
bisogno di una comunità, una comunità che accresca la fede e la speranza di
ciascuno e di tutti, attraverso la carità.
“…chi dite che io sia?” attende una risposta dalla nostra libertà, ci
lascia liberi di dare la risposta più adatta alla nostra comunità e la risposta
netta di Pietro, illuminata dalla grazia di Dio, nasce da una condivisione di
vita. Una risposta che va oltre “la carne e il sangue”, va oltre la nostra individualità
e da soli non arriveremmo mai a darla.
Il Padre ha creato una comunità viva
e da essa, per bocca di Pietro, fa scaturire il significato ultimo della
missione del Figlio nel mondo.
Nel commento all’Angelus del 27
agosto Papa Francesco ricorda che “ognuno
di noi è una piccola pietra, ma nelle mani di Gesù partecipa alla costruzione
della Chiesa (…) essa è una comunità di vita (…) un unico edificio nel segno della fraternità e della comunione”
La bellezza delle nostre comunità
lasalliane si esprime quando lo spirito di fede e di zelo viene condiviso dai
distinti punti di vista: maschile/femminile, religioso/laico,
docente/educatore, ragazzo/adulto…
Ogni pietra ha il suo posto in mano
a Gesù e le vocazioni hanno, come
origine e tensione, incontri fecondi con tali comunità, in grado di trasmettere
la bellezza di una condivisione fraterna, anche nelle difficoltà, nelle
naturali diversità e divergenze.
L’ultimo giorno di Simposio abbiamo
letto le parole del Papa all’udienza del 23 agosto:
“Noi
cristiani crediamo che nell’orizzonte dell’uomo c’è un sole che illumina per
sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli devono ancora venire. Siamo
gente più di primavera che di autunno (…) La mia anima è in primavera o è in
autunno? (…) Scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie
ingiallite sui rami. Non ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti:
sappiamo che Dio ci vuole eredi di una promessa e instancabili coltivatori di
sogni.”
Tutte le volte che non ci perdiamo
d’animo e continuiamo a guardare l’altro come una possibilità, siamo comunità
di primavera.
Commenti