speranza c'è!!!

Proprio questa sera, un ragazzo di 16 anni appena incontrato ci ha detto: “Ma siete matti a venire qui? Qui si vive male, io e la mia famiglia ce ne andiamo”. La meraviglia vista sul volto di questo giovane quando ci siamo presentati, si è trasformata in uno sguardo attonito. Siamo venuti a Scampia per “fare casa” con i bambini, i giovani, le famiglie che ha scelto il Risorto…, “quelli fuori le mura”, quelli che sono considerati gli ultimi… per trovare con loro un cammino di umanità, per vivere il nostro ministero educativo con loro, cercando e scoprendo una pedagogia che sbocci dalla vita e dalla periferia, ma anche come vivere il Vangelo “rivelato ai piccoli”, scoprendo che il Regno è già presente qui, in mezzo a noi, a loro.

In questo primo mese abbiamo cercato d’incontrare uomini e donne di buona volontà e non sono stati pochi incontri e tutti ricchi per la volontà e la speranza che anima il cuore di molti, anche se, comprensibilmente qualche giorno, sembra speranza oscurata o dimenticata.

Ci sono persone che lottano nel quotidiano senza scendere a patti con la camorra, ma questo si paga… con la vita, con la violenza, con l’esclusione… solo una cultura di una cittadinanza attiva e comunitaria può salvare e sostenere gli sforzi dei singoli o dei nuclei famigliari. C’è ancora troppa divisione, anche all’interno di Napoli: le persone napoletane che conosco, non vogliono neppure venire a Scampia poiché hanno paura… i giovani di Scampia si vergognano di dire che provengono da questo quartiere ad altri giovani napoletani… quindi bisogna creare nuove relazioni perché ci si salverà solo insieme e ciò è possibile!

La camorra è alettante, affascinante ed è fortemente presente dove lo Stato sembra assente, dove la fede è superstizione, dove il lavoro non c’è, dove l’ignoranza è padrona… ma ci si può chiedere quale immagine di legalità e di giustizia offra lo Stato e anche quale identità di cristiano la Chiesa presenti in questo contesto.

Non si può chiedere solo alla scuola, alle parrocchie o al terzo settore di essere fautori della rinascita; certo i giovani passano da questi luoghi, ma è solo grazie ad una più ampia sinergia che alla gioventù sarà donato un futuro, il futuro. Cultura e lavoro: cultura del lavoro e lavoro della cultura, due inscindibili aspetti che segneranno il passo per il futuro; ma il lavoro richiede anche legalità che sgorga dalla cultura che passa, non solo, dalla scuola, ma ha bisogno di pensiero rinnovato che si traduce in realtà visibile che spinge i giovani stessi a scegliere cultura e lavoro.

Per rinascere si deve partire dal basso, ma sicuramente, la presenza più forte dello Stato, il che non implica assolutamente la presenza dell’esercito, è necessaria: una presenza fatta di servizi efficienti e di controlli, di diritti, ma anche di doveri; per esempio i paesaggi saturi d’immondizia richiedono sì un servizio efficiente di raccolta a smaltimento, ma da parte del cittadino una cura per non sporcare l’ambiente e l’impegno per la raccolta differenziata.

La legalità assume qui contorni terribili, ma rispecchia un problema italiano (l’evasione fiscale presente ovunque in Italia, o le vicende delle varie tangentopoli, etc…): la legalità è legata a piccole scelte quotidiane sia personali che comunitarie: se a un giovane, che frequenta un corso regionale, è suggerito di chiedere a qualche amico l’abbonamento mensile usato, per ottenere il rimborso delle spese di trasporto che non può ricevere in altro modo, dagli stessi educatori del corso, si è già deciso di uccidere la legalità, e questo è solo un piccolissimo ed insignificante esempio.

La famosa “arte d’arrangiarsi” che è non solo una risorsa di molti, troppi a volte, ma testimonia l’arguzia e la creatività che questo popolo ha, in molte occasioni si rivela una arma a doppi taglio nello spingere a non cercare e/o non accettare un lavoro legale più o meno impegnativo per molti giovani; l’arte della sopravvivenza diviene una scusa per non crescere nella responsabilità perché “tanto qualcosa si trova” anche se sottopagato, in nero (come si usa dire) o nell’illegalità.

A volte sembra impossibile sognare a Scampia e in altri quartieri abbandonati, sembra inevitabile credere che mai nulla cambierà, anche perché molti di loro non hanno mai visto una realtà diversa… c’è bisogno, almeno per i giovani, che qui non sono solo adolescenti da crescere, ma già giovanissimi genitori con prole, di altre presenze anche esterne, fosse solo per fargli sperimentare che la realtà può essere differente e ciò nasce da un impegno che è feriale, tenace e continuo… troppi reality e troppo fatalismo hanno trovato spazio nella testa e nei cuori di molti: la vincita alla lotteria, le scommesse, legali e non, la fede che sì è, a volte, trasformata in superstizione e in idolatria (non si può spacciare droga e avere davanti a casa la statua di Padre Pio come protettore!) sono barriere altissime da abbattere e, nuovamente, cultura, lavoro e legalità diventano l’unica meta da raggiungere.

C’è una società civile che lotta, ma a volte, è lasciata ai margini se non è politicizzata, se non è confessionale, se non cede a degli interessi personali; è un’esclusione del bene che non aiuta nessuno e fa vincere “il sistema”

La giornata di preghiera e digiuno, lanciata dall’Arcivescovo, per esempio, è un invito rivolto alla responsabilità e alla coscienza di tutti e, credo che oggi ci sarà una buona risposta e non solo dei credenti. Ciò non basta, o meglio, questo dovrebbe diventare un primo passo per un cammino rinnovato in cui “non ci si distrae e si è attenti ai dettagli”: un distrarsi rispetto alla legge da rispettare, agli impegni presi, non distrarsi nell’opporsi al male o tacere la sua presenza… l’attenzione ai dettagli aiuta non lasciare fuori nessuno, a comprendere che è dal gesto personale che la vita cambia, che dall’alto deve esserci trasparenza e impegno, ma ciò chiede a tutti altrettanto.

L’icona biblica che ci fa riflettere è quella dell’Impero egiziano: la camorra, chiamata ora “il Sistema”, spero non perché si abbia paura di dire “Camorra!” a voce alta, è l’impero che tiene in schiavitù famiglie e generazioni di napoletani, che uccide i primogeniti, che sfrutta tutti e tutto per i propri interessi economici, che costringe molti all’esilio; tutto questo è non solo evidente, ma noto. La gente, le donne, i bimbi, gli uomini gemono: per la violenza, per la mancanza di lavoro, per i disagi e l’oppressione, per l’assistenzialismo dietro cui si nascondono, per la controcultura che è imposta, per l’antistato che rappresenta la camorra stessa.

In questo momento c’è bisogno di “levatrici” colme di speranza che, come le due donne egiziane del libro dell’esodo, abbiano il coraggio di opporsi e dare vita con astuzia e audacia.

La prima risposta da dare è quella dell’esserci, di non fuggire: ciò vale sia per le istituzioni statali che per la Chiesa; ciò è coniugato dal riappropriarsi degli spazi vitali, dalla sicurezza che solo l’essere uniti può dare e da una progettazione, non del straordinario, ma dell’ordinarietà. A Napoli, non servono eroi, ma uomini e donne di buona volontà che già ci sono, ma hanno bisogno di presenza e sostegno. Abbiamo trovato, a Scampia, parrocchie, comunità religiose, scuole, associazioni e la municipalità stessa che quotidianamente mettono il proprio tassello prezioso per la ricostruzione, per trovare una via non di sopravvivenza o di fuga, ma di vita.

In questo ultimo mese, due giovani sono stati “levatrici” secondo me: il giovani testimone diciassettenne che ha testimoniato su un assassinio di camorra e Daniele Del Core ucciso per difendere l’amico minacciato. Sono due giovani ragazzi che, a rischi altissimi, hanno voluto coscientemente dare Vita a Napoli … quindi speranza c’è!

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